Piccole o grandi che siano, gioiose o drammatiche, tutte le esperienze hanno delle basi in comune che ci consentono di riconoscerci l’uno nel vissuto dell’altro.

Le varie situazioni che la vita ci offre ci ricordano, nella frenesia della nostra quotidianità, che il punto di partenza di quanto ci circonda siano noi stessi e ci mettono a stretto contatto con la nostra anima.

Molte volte la familiarità con questa parola si limita alla religiosità, comunque questa sia vissuta. Ma, indipendentemente dall’accezione religiosa del termine, l’anima pulsa, vibra e vive dentro di noi. Il più delle volte ignorata, visto che l’apparente perfezione di cui ci siamo circondati e che ci siamo duramente conquistati accentra totalmente la nostra attenzione.

Imparando ad ascoltarci più attentamente, scopriamo che tutto quello che ci circonda ci fornisce un filo diretto con l’anima, affinché possiamo comprendere un pochino di più noi stessi e quindi gli altri.

Nella gioia la nostra Essenza si apre, accoglie al massimo le vibrazioni positive e si dilata, irradiando energia tale da coinvolgere chiunque ci stia accanto.

Ma, nel dolore, siamo sempre più soli. Tutti possono capirci ma nessuno può sostituirsi a noi: l’anima si richiude in se stessa ed è difficile riportarla alla normalità soprattutto se questo può avvenire solamente alla luce di una nuova comprensione.

A volte, stare soli con noi stessi, equivale alla compagnia di un perfetto sconosciuto. Alla sofferenza, quindi, si aggiunge la paura.

Ecco come sorge la necessità di raccontarsi. Per capirsi e, finalmente, accettarsi.
Per riscoprire un filo diretto con la nostra anima anche attraverso le parole.